Non siamo tutt@ sulla stessa barca

  • Dicembre 10, 2018 18:00

Il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ci pone di fronte a una serie di questioni.

A oggi, nessuno tra gli stati firmatari ha dato piena applicazione alla tutela dei diritti per i quali si era impegnato. Assistiamo al contrario a una continua serie di eccezioni, tanto di fatto quanto di codice.

Lo stato di eccezione permanente, va sottolineato, non nasce oggi.

La brutalità che trova spazio tanto nel nuovo Regolamento di Polizia Urbana novarese, quanto nella infame legge “Salvini”, non è la nuvola nera apparsa in un cielo sereno. Senza negarne le gravissime specificità, la legge attuale si pone in completa continuità con i dispositivi precedenti. Un ideologico filo diretto collega la Turco-Napolitano, alla Bossi-Fini, al decreto Minniti-Orlando, fino alla Salvini: la “gestione” delle persone migranti intese come “flussi” da normare, una NON accoglienza ridotta a sfruttamento schiavistico di lavoratori stagionali, i campi di concentramento teatri di indicibili violenze.

Il DL Pillon, attacco patriarcale violentissimo nei confronti delle donne e dei loro diritti, i tagli alla possibilità di congedo di paternità, la depenalizzazione della violenza di genere, anzi legittimata; segue la strada tracciata dal “Piano nazionale per la fertilità” del precedente governo.

Un maschilismo assurto a pre-ideologia dominante, che permea ogni relazione sociale, economica, intima. Un machismo sempre più esplicito che condanna le donne a una subalternità “antropologica”, prima ancora che culturale o economica. Declinata anche nelle forme più subdole, di presunta tutela, difesa o “protezione” dell’uomo verso la donna.

La stessa Dichiarazione che compie settant’anni rivela, ancora oggi, la mano maschile che ne diede stesura. Non sono riconosciuti come crimini contro l’umanità una quantità di violenze che le donne costantemente subiscono per opera maschile.

Il “lavoro” ridotto a occasionale prestazione d’opera pagata poco e male (con la palestra della “Alternanza scuola-lavoro”), la progressiva cancellazione di diritti basilari e della dignità stessa delle persone, il taglio ai minimi sussidi contro la povertà, dipinti come una mancia per sfaticati passibili di controllo totale. La legge Salvini prosegue e intensifica la lotta di classe dei ceti dominanti, con pene severissime per chi occupa per un tetto o picchetta per i diritti propri e non solo.

Cosa succede oggi? Succede che possiamo permetterci, noi bianchi, italiani “per sangue”, in particolare se maschi eterosessuali, di vedere nelle norme, attuali o imminenti, uno spartiacque, qualcosa contro cui (giustamente) opporci con ogni forza.

Ma è davvero così? O la vita, la sopravvivenza di un migrante, e non solo se “clandestino”, era già un inferno molto prima? E forse il nostro accorgercene ora, perché ci sentiamo maggiormente coinvolti, è testimonianza del grande egoismo al quale ci siamo accompagnati? E, pur nella tragedia della condizione dei migranti, non possiamo ignorare la sofferenza ulteriore delle donne, vittime di efferatezze che dovremmo avere il coraggio di raccontare e raccontarci, e delle persone non eterosessuali.

Non siamo tutt@ sulla stessa barca. Prendiamo atto delle differenze di condizione, di tutela, di libertà che possiamo permetterci, evitando le semplificazioni egemonizzanti. E che l’opposizione totale a qualsiasi livello nei confronti di attuali leggi e regolamenti sfugga al gioco di propaganda e contro-propaganda partitica.

Razzismo, classismo, maschilismo, omo-lesbo-bi-transfobia non hanno un solo volto. Sforziamoci di riconoscerli tutti, anche dove meno ci aspetteremmo e meno ci fa piacere trovarli.